Oppio per Ovidio è un testo vivo, poetico, pieno di donne in divenire, che abitano continui stati metamorfici. Le loro trasformazioni non vengono vissute, né descritte, come perdita - di bellezza o giovinezza, ad esempio -, ma piuttosto come un movimento sensoriale che vive ed esiste al di là delle relazioni. Le ventidue donne presenti nel libro, una per ogni racconto, vivono in una condizione sospesa tra sogno e realtà, allucinazione e concretezza, svincolate da legami familiari o ruoli di genere. Le protagoniste fanno esperienza della loro città attraverso il proprio corpo, reagendo fisicamente all'ambiente circostante. I confini tra esterno e interno, osservato e osservante, saltano, si fanno labili, porosi e si mescolano. In questo modo vengono decostruiti in uno stato di alterazione quasi magico in cui ogni gerarchia viene programmaticamente destabilizzata. Ciò che unisce tutte queste donne è l'interesse che l'io narrante nutre verso di esse, intessendo la tela delle loro esistenze. Tawada così ribalta l'ovvio, deforma l'ordinario, mettendo in discussione qualsiasi dichiarazione esistenzialistica di identità. Perché in fondo cosa siamo se non atomi in continua trasformazione?