Ondino - mietuti solidi successi professionali come autore di prosa, per il teatro, per la TV, stordito dai riconoscimenti più altisonanti, allettato dalle più fondamentali tentazioni - è oggetto di un ardente desiderio da quando aveva deciso di ritirarsi nella camera in cima a una città in macerie: confinarsi. "Perché ritirarsi è tutto, l'unica cosa che conti", bisognoso com'era di passare almeno per un tentativo di gioia vera. Il ripiegamento però non equivale alla solitudine, quanto meno non a quella fisica, non all'assenza di altri corpi. Il massimo del ripiegamento si consumava, in effetti, alla mezzanotte, quando Ondino donava il suo seme alla pretendente vittoriosa, alla donna che, giunta sulla cima della montagna di macerie e fatto ingresso nella camera, gli chiedeva la possibilità di diventare madre. Con "La camera di Ondino", Savarese riscrive in chiave contemporanea (e omosessuale) la mitologia dell'ondina: creatura, priva di un'anima, simile alla ninfa, alla quale è precluso l'accesso in Paradiso a meno che non si innamori di un essere mortale.