"Lontani parenti" racconta due storie di famiglia. La famiglia è quella dei Salvago, un'antica casata genovese che si distingue già in epoca medievale per la partecipazione al governo della città e come proprietaria di galee e palazzi, e che ha nell'autrice l'ultima discendente. In «Druda» tutto comincia da un libro particolare, il seicentesco "Liber Familiae Salvaigorum" - un tomo in marocchino con fregi dorati che è già molto evocatore -, e dalla curiosità che suscita un nome di donna davvero originale - Druda appunto - con la chiosa che lo accompagna: «Nome che in lingua corrotta volgare suona lo stesso che troia, cioè figlia e madre di un porco». Di lei, oltre al nome, il libro ricorda solo la data in cui va sposa (il 1161), ma questo non impedisce a Camilla Salvago Raggi di ricostruirne un profilo molto espressivo. Perché, al di là dei fatti e dei documenti, è l'anima di questa lontanissima antenata che vuole far emergere dalle brume del tempo. È invece un inventario seicentesco ad accendere l'interesse della scrittrice per Leonardo, membro di un altro ramo Salvago. Si tratta del contenuto dell'antico palazzo di famiglia, che costituisce l'eredità di Carlo Salvago al figlio. Quel documento, che può sembrare nulla più di un arido elenco di oggetti o beni, si rivela tuttavia capace di fornire informazioni puntuali e soprattutto spunti di grande suggestione per delineare la fisionomia del «Magnifico» sullo sfondo di un mondo e di un'epoca. Due ritratti di personalità lontane nel tempo, che Camilla Salvago Raggi ha riportato in vita con tutto quel corredo di sentimenti ed emozioni che li rendono familiari anche a noi, lettori del terzo millennio.