«Leggere questo libro e scriverne la prefazione - proposta da me accolta con entusiasmo - è stato intraprendere un percorso appassionante alla riscoperta di tematiche a me care, in un'esperienza di lettura coinvolgente che consiglio vivamente. Sin dalle prime impressioni, e in seguito alle riflessioni scaturite nel corso del lavoro, ho ritrovato emozioni dei tempi dell'università quando, insieme ad altre giovani studentesse, animate dal comune ideale di poter cambiare il mondo, scoprivamo il fascino della narrazione, il potere della parola scritta, che trovava, in particolar modo nella letteratura femminile, la sua forma di espressione più adeguata. Avevamo infatti individuato un canale che ci aiutava ad esprimere quel comune disagio interiore e che risvegliava in noi un atavico desiderio di riscatto e affermazione di sé. Ci sentivamo investite di un compito importante, quello di trasmettere e diffondere a nostra volta il messaggio. Nel riscoprire tutto ciò, ho quindi accettato la sfida, fiduciosa di riuscire a comunicare, a chi intraprenderà questo viaggio, lettrice o lettore, lo stesso mio slancio. Il libro ci presenta 20 storie di donne in uno spazio narrativo che, partendo dalla mitologia classica, arriva ai tempi moderni, per approdare infine alla storia di Guendalina. Quest'ultima, giovane professoressa di oggi, vive amori tormentati in rapporti di dipendenza psicologica che le lasciano un senso di solitudine e di inadeguatezza. Attraverso un processo lento e doloroso, è costretta ad affrontare se stessa e a vivere l'abbandono non più come una perdita, ma come un'opportunità per conoscersi più a fondo e accrescere il proprio grado di consapevolezza e di autonomia. Allora anche la dolorosa esperienza dell'aborto, con il senso di vuoto che ne consegue, perde il suo valore di fallimento, come da lei percepito in una prima fase, e acquista una valenza diversa: diventa la negazione di un rapporto voluto a tutti i costi. Si configura come un richiamo inconscio alla necessità di portare a compimento quel processo necessario di individuazione dell'io, prima di poter compiere il passo successivo, ovvero il conseguimento di un'unione matura e responsabile che solo allora potrà generare una maternità vera e consapevole. Una relazione che subordina l'io-femminile al tu-maschile, infatti, non può portare ad un noi sano ed equilibrato, ma è destinata a prolungare all'infinito quell'errore di fondo che si trasmette da generazioni e che sta alla base di tante relazioni malate del nostro tempo. La necessità di soffermarsi a riflettere su questo processo, come cammino dalla dolorosa condizione di sudditanza psicologica verso la guarigione, è dunque particolarmente evidenziata nella storia di Guendalina la cui attualità richiama con forza la condizione disarmonica di tante donne e di tanti rapporti di coppia. [...]» Dalla nota di lettura di Roberta Papandrea. Postfazione di Enrico Pinna.