Poliana è incinta e ricoverata in day hospital per fare l'amniocentesi: ha quarant'anni, il rischio di avere un bambino down è piuttosto alto. Non ha mai pensato al feto che ha in corpo come a un bambino, l'ha sempre considerato un essere provvisorio il cui futuro è legato all'esito dell'esame. Poliana è immersa in un conflitto da cui non riesce a uscire: ormai ha permesso alla sua bambina di esistere, come potrebbe liberarsene, se l'esame avesse esito infausto? Usa la propria fantasia per dare vita all'idea di come sarà la sua bambina se sarà una persona down. Immagina tutte le difficoltà e le gioie che quella bambina le darà, ciò che dovrà affrontare per il suo futuro. Improvvisamente le è tutto chiaro e lo dichiara, proprio sulla porta dell'ambulatorio: anche se avrà la Sindrome di Down, lei vuole tenere il figlio. Una storia sul conflitto tra cuore e ragione, sul legame viscerale tra madre e figlio che si instaura prima della nascita, sul perché sentiamo il desiderio di procreare e sul timore di farlo per la responsabilità che comporta il decidere di far venire al mondo un essere umano. Un modo trasversale per accostarsi al mondo della diversa abilità, a ciò che significa essere genitori di una persona Down. Sassi lanciati nello stagno e non risposte, perché quelle si possono trovare solo nella consapevolezza di ognuno e nel proprio modo di vedere la vita. E forse in un 'sentire' che poco ha a che fare con la ragione e la saggezza.