Navigando quasi sovrappensiero su un sito internet russo, una scrittrice ritrova - per un caso che ha del miracoloso - una traccia della madre, morta da decenni, di cui ignora pressoché tutto. Inizia così un'indagine appassionante che ripercorre l'incredibile destino di una donna e della sua famiglia dispersa durante gli smottamenti politici e bellici del Novecento: dalla Rivoluzione d'ottobre alla crisi dei Paesi postsovietici. Così, senza mai alzarsi dalla scrivania, Natascha Wodin lascia che la Storia colmi a poco a poco i vuoti della memoria, imbarcandosi in un viaggio a ritroso fino alla città ucraina di Mariupol, da dove i suoi genitori vennero deportati come forza lavoro al servizio del Terzo Reich. "Veniva da Mariupol" è allo stesso tempo rielaborazione di una biografia incandescente e ricostruzione rigorosa di un crimine che ha segnato, nel silenzio dei popoli, milioni di individui: l'internamento dei lavoratori slavi. Tra false piste e colpi di scena Wodin restituisce un volto alle vittime rievocando personaggi memorabili. Una vicenda struggente che cambia rotta pagina dopo pagina dando forma a quella materia spesso inverosimile che è la realtà di ogni vita.