Prelevato da scuola dal padre dopo poche settimane di frequenza, del tutto analfabeta, il piccolo Gavino trascorre infanzia e adolescenza isolato nel podere paterno a badare alle pecore. Saranno dapprima la passione per la fisarmonica e poi - durante il servizio militare - la decisione di riprendere a studiare, fino a ottenere la laurea, a offrirgli l'occasione del riscatto. Un riscatto che sfocerà inevitabilmente nello scontro frontale con il padre padrone: lotta tra due uomini, certo, ma anche tra due generazioni e tra due diverse, addirittura opposte, concezioni del mondo. Classico e feroce memoir della pedagogia progressista degli anni Settanta, "Padre padrone" ottenne e continua ad avere un grande successo internazionale: tradotto in oltre quaranta lingue, nel 1977 i fratelli Taviani ne trassero l'omonimo film premiato con la Palma d'Oro a Cannes. Un libro che Carlo Ossola, nella sua Premessa, inserisce nella parabola della letteratura dedicata allo sfruttamento dell'infanzia e alle condizioni di vita delle masse meridionali - dalla novella "Rosso Malpelo" a "Cristo si è fermato a Eboli" - individuando l'unicità di un romanzo di formazione che si fa «appassionato "canto all'impossibile"».