"Il cibo dei venti" è un libro "in cui le cose parlano al posto dell'uomo", come scriveva Biamonti definendo la civiltà letteraria dei golfi mediterranei, tra Montale, Valéry e Camus. Proprio all'interno di quella tradizione "salina" che la Liguria ha espresso soprattutto attraverso Biamonti, si iscrive il romanzo breve di Elio Grasso, con una narrazione in cui il paesaggio, aspro ed emblematico, è testimone di una sorta di corrosione dell'esistenza. "Il cibo dei venti" è una storia di famiglia, il ritrovamento di un padre, raccontato per passaggi di luce e sospensioni, attraverso la natura che si trasforma e sgretola coinvolgendo sempre anche i muri e le persone. Una narrazione ruvida e lirica che guida il lettore per poi abbandonarlo di fronte alle intuizioni enigmatiche e sfuggenti che la natura nel suo moto costante e sordo già sopraffa e trasforma.