"La base RAF del mio paese, Saviano, era sistemata nell'edificio delle scuole elementari. Avevo 16 anni e facevo un po' di tutto: lavoravo in cucina, facevo le pulizie nelle baracche, trasportavo i bidoncini della benzina, continuamente pungolato dai miei datori di lavoro in uniforme. Non lo sopportavo. Così, un giorno mi presentai sul lavoro con una scritta sul petto che diceva: 'Sono comunista'. Ero diventato un contestatore. Il mio gesto fece scalpore fra la gente del paese. Gli inglesi, invece, se la risero. Qualche settimana dopo, presi contatto con la Federazione comunista giovanile italiana, ne ricevetti la tessera e il distintivo. Pensavo di essere diventato una persona importante, invece mi ero messo nei guai." Giacomo Scotti mette finalmente mano alla valigia dei ricordi e racconta la sua incredibile vicenda biografica di giovane italiano del Sud finito a vivere, per caso e per convinzione, nella Jugoslavia del secondo dopoguerra. L'attività di giornalista e scrittore, tre matrimoni e numerosi figli, il carcere, un altro carcere e un altro carcere ancora, e sempre, l'impegno perché due popoli divisi dalle dolorose vicende del '900 si parlassero e si conoscessero.