Un inno alla vita e all'amore terreno, il ricordo di una passione assoluta. Ma anche un canto di dolore e di disperazione. È questo l'effetto che sortisce la lunga lettera indirizzata ad Aurelio Agostino, il grande Padre della Chiesa, vissuto nel IV sec. d.C., da Floria Emilia, sua ex amante e madre del suo unico figlio. Una lettera mai venuta alla luce, fino al 1995, quando Jostein Gaarder, spulciando tra gli scaffali di una vecchia libreria antiquaria di Buenos Aires, non s'imbatte nel prezioso codice. Un ritrovamento importante, così fa credere lo scrittore norvegese, poiché attraverso le struggenti parole di Floria prende forma una figura appena accennata nelle celebri Confessioni. Ma non solo. Emergono momenti della vita giovanile dei due, quando spensierati si lasciavano trasportare dalla loro passione, quando la loro relazione non era ancora velata dall'ombra della rinuncia. Dalla voce di Floria scaturisce, così, un racconto accorato e commovente, ironico fino al sarcasmo ma vibrante ancora di tenerezza e desiderio, in cui una donna, ferita nel proprio orgoglio, ma non rassegnata, si ribella alla perdita del proprio uomo, ponendo a lui, a se stessa e a noi le eterne domande sul divino, la natura umana e il significato vero dell'amore.