Ogni anno si stampano in Italia attorno ai 65.000 titoli. Gli italiani sono infatti un popolo molto particolare: leggono poco, ma scrivono molto. È tutto uno scrivere, redigere, vergare, stilare, scribacchiare, comporre, creare, produrre, narrare, raccontare, riraccontare racconti ma anche storie, vicende, favole, fiabe. Per non dire di poesie, liriche, odi, canti, cantici, carmi, poemi e via componendo. Le quattromila case editrici italiane sono sommerse dalle opere di aspiranti scrittori disposti a tutto, pur di vedersi stampare i loro capolavori. Anche a pagare. E negli anni non sono stati pochi gli scrittori, assurti poi a riconosciuta fama, che si sono adattati inizialmente a questo passaggio. Sterminata invece la pletora degli aspiranti scrittori di poco talento ma disponibili a tutto, pur di ottenere uno stampato dei prodotti del loro ingegno. Che a conti fatti non troverà lettori al di fuori della stretta cerchia di familiari, parenti ed amici. Questo romanzo vuole raccontare una di queste storie, affidata alla fantasia di chi qui si firma, e che, con i suoi oltre trenta libri stampati (ma non pagati), ha veleggiato a lungo in queste acque.