Le storie di Floramo ci conducono per borghi antichi o periferie sterminate, dagli Stati Uniti al Mar Nero, disegnando topografie ribelli quasi sempre macchiate di sugo. Sanno tutte di ebbrezza e di libertà, forse perché il tempo di questo nostro vivere va intriso di vino tanto quanto di ideali. Il lettore è dunque avvisato: qui si beve molto, molto si mangia. Si fuma e si ama. E soprattutto si sogna, senza necessariamente andare a dormire. Di che cosa? Ma di un mondo migliore del nostro, come quello per il quale hanno lottato i protagonisti dei racconti. Alcuni reali, altri inventati. Cos'hanno in comune la periferia di Praga, la Dalmazia in inverno, un birraio di Belfast, o una tabaccheria di Lisbona? Nulla, probabilmente, oltre a quello struggimento che prende sempre il cacciatore di storie, quelle che si impregnano di alcol e di anarchia quando arrivato alla fine di un lungo viaggio non chiede altro che di poterle raccontare a qualcuno. Forse perché è ubriaco, o forse perché innamorato: di una donna, di una bottiglia o di un'utopia, in fondo non fa troppa differenza.