È la notte di Capodanno del 1960 e, in un lussuoso appartamento affacciato sul parco del Valentino, un gruppo di persone siede attorno a un tavolo. L'aria è quasi elettrica e nessuno osa emettere un fiato. Aspettano l'inizio di quelli che il padrone di casa chiama «esperimenti» ma che per chi è lì hanno un valore inestimabile, metafisico, soprannaturale. Gustavo Rol ha l'eleganza garbata e poco esibita di chi cammina con naturalezza in qualunque stanza del mondo, e il pubblico pende dalle sue labbra. Solo un uomo lo guarda con sospetto, è sicuro che ci sia un trucco e vuole svelarlo. Nino Giacosa è un uomo rotto, in fuga: dai debiti di gioco, dai fantasmi della disfatta di El Alamein, da Miriam, la donna che ha amato. Da sé stesso. Dopo tanti sogni infranti, tuttavia, ha trovato qualcosa che può riempire il vuoto della sua esistenza: una storia. La storia che sta scrivendo giorno e notte nella squallida stanza di una pensione è quella di un grande imbroglio, celato dalle mani sapienti di un illusionista. Ed è con questo atteggiamento scettico, l'occhio attento a ogni dettaglio, che Nino inizia a partecipare alle serate di Rol. Ma tra i due uomini, all'apparenza così diversi, si crea presto una complicità imprevista. E nelle passeggiate attraverso una Torino gelida e impenetrabile, Rol racconta a Nino la propria vita, il «dono» che ha scoperto grazie a un polacco conosciuto a Marsiglia, gli studi e lo scoramento all'idea di essere ammirato ma mai compreso.