Alba de Céspedes rivolge il suo Invito a pranzo, prima di tutto, alle protagoniste dei diciotto racconti, donne il cui traboccante e labirintico mondo interiore è arginato da una realtà sociale che - per paura o ignoranza o cattiveria - esige fedeltà a ruoli e schemi innaturali e privi di prospettive. E poi l'invito è per noi, per risuonare con la vita di queste donne tormentate e ricondurci alla stessa essenza emotiva. Tutto il libro infatti è lavoro interiore; il momento conviviale alla tavola imbandita non arriverà mai, in nessuna delle storie: tutto rimarrà sospeso nell'ambito del cuore; ogni slancio verso l'esterno si ripiegherà su sé stesso mutandosi in autoaccusa, o si spegnerà nell'incomprensione e nell'incomunicabilità. L'arte di Alba de Céspedes, come scrisse il filosofo Giusso, sta nella capacità «di interpretare quelle sospensioni, quei trapassi psichici... di commentare i passaggi inavvertiti, di afferrare gli slittamenti segreti per i quali la volontà si sposta». Invito a pranzo uscì per la prima volta nel 1955, nel periodo delle opere maggiori di Alba de Céspedes come Dalla parte di lei e Quaderno proibito.