È il 20 aprile del 1910 quando Pascal D'Angelo e suo padre ottengono il permesso di sbarcare in America. Dalla sua terra, quella delle alture abruzzesi, dove già da bambino alternava i giorni di scuola al lavoro dei campi, magra fonte di sostentamento della sua famiglia, Pascal approda al sogno americano. Lascia dietro di sé il suo paese natale, una frazione di Introdacqua, ai piedi della Maiella, gli amici, le usanze che avevano nutrito la sua infanzia, e, soprattutto, una madre che abbraccia in lacrime non sapendo se la rivedrà mai più. Accolto dal fragore e dalla frenesia di una città totalmente estranea a ciò che aveva conosciuto fino ad allora, il lavoro duro segna la monotonia dei primi quattro anni di permanenza. Non c'è pioggia, freddo o sole cocente che fermi l'attività dei braccianti emigrati in queste terre dove ben presto conosceranno le figure dei capisquadra e dei "commissary man". Quando il padre decide di tornare in Italia, lui resta. Viaggia da una parte all'altra del continente tra giornate sottopagate o non affatto retribuite, la fame e la costante incertezza. Ma Pascal è animato da un insanabile desiderio di conoscenza. Tra ore di lavoro massacranti e riposi in luoghi freddi, malconci e sovraffollati inizia a studiare le lingue. Si interessa al teatro, alla musica e, soprattutto, a quella che è la sua più grande passione, la scrittura. È una mattina di novembre del 1919 quando decide di andare a New York, città nella quale scopre ancor di più l'asprezza di una vita di stenti. Ma Pascal è tenace, la sua volontà ha la durezza delle pietre che spacca ogni giorno e la sua prorompente vocazione costringerà quel mondo che inizialmente lo ignorava a guardare ben oltre il suo vecchio pastrano. Prefazione di Maura Chiulli.