«Proprio un paio di giorni fa, quando aggirandomi per i corridoi del palazzo, per tre volte almeno, di cui una sulle scale, incontrai un cartello con la scritta in stampatello: «UFFICIO CARICHI PENDENTI» con tanto di freccia, non ebbi più alcun dubbio: l'ufficio «CARICHI PENDENTI», di cui tanto avevo sentito parlare e forse letto, era una realtà. Tuttavia, non pago, volli sincerarmi domandandolo ad un inserviente, non cieco però, che con un carrello stracarico di fasci- coli stava sulla soglia in procinto di entrare proprio là. [...] A me, l'idea che ci sia uno stanzone che contiene e conserva i carichi pendenti di migliaia e migliaia di individui, si associa all'idea che quei carichi, mal custoditi, evadano e, girovagando a caso nel cielo, quasi volteggiando, ti piombino addosso quando meno te lo aspetti assumendo il punitivo ruolo da "incubo da carichi vaganti" (benché non tutti "cattivi"). [...] Pur così questa questione dei "Carichi vaganti" non trova soluzione e, anzi, continua a turbarmi: un giorno o l'altro dovrò risolverla! Ma come?»