Jack, abbandonato dal padrone, vaga tra le colline toscane in cerca di nuovi affetti. Cassola lo segue nel suo picaresco viaggio fino alla scoperta, nell'epilogo tragico, del male anziché di una cuccia sicura. Con lo sguardo del cane, anche quello dello scrittore si posa sul mondo, interrogandolo sulla sua ferocia. Il racconto (1977) è un apologo sul desiderio - che è del cane ma anche dell'uomo, entrambi incapaci di vivere l'avventura della libertà - di stare legati a una catena. Attraverso la favola, Cassola avverte che l'uomo, per debolezza e paura, anela alla sudditanza e preferisce all'indipendenza la servitù. E le affida un monito: non si deve rischiare di perdere la libertà, bene supremo, per correre dietro a un padrone che può rivelarsi spietato.