«Talitha Pol era bellissima: "La donna più bella che avessi mai visto", disse di lei Yves Saint Laurent che ne fece la sua musa ispiratrice. Musa, modella, attrice, icona di stile, moglie a ventisei anni di uno degli uomini più ricchi del mondo, amica di Mick Jagger, amante di Rudolf Nureyev, muore nella sua casa di Roma, dove era atterrata la sera prima per cercare di ricomporre il suo matrimonio. Aveva trent'anni. Causa ufficiale del decesso: arresto cardiaco». Anche Elena è bellissima, e anche lei non ha ancora trent'anni. Una sera, fuori da un ristorante, uno sconosciuto le lascia una chiave posata su un tavolino. Che cos'è una chiave se non una possibilità? Come può, Elena, non chiedersi cosa potrebbe aprire? Lo sconosciuto si rivela essere un compositore. Vive a Trastevere in una palazzina interamente ricoperta di edera. Manda messaggi che vanno decifrati, cacce al tesoro, e anagrammi. Accanto a lui, Elena riscopre che la vita è solo un gioco, come le diceva il papà. Questo padre misterioso, scomparso troppo presto, dal quale ha imparato che libera significa anche potente. Con uno stile ironico, intriso di amarezza, Deborah Baranes sembra aver sfilato apposta quella chiave per lasciare a noi la possibilità di osservare dal buco della serratura la vita di una donna: attimi di gioia perfetta e splendida infelicità, un gioco enigmistico che ci porta al cuore della domanda: si impazzisce per amore o per ciò che l'amore svela su di noi?