L'imprevisto che sconvolge una serata tranquilla, una smagliatura nella realtà, l'aprirsi di brecce verso ignote dimensioni, l'incontro con la cosa proveniente da un altro mondo. "Dark explorer", nei dieci racconti che lo compongono, si annuncia a un primo sguardo come un esempio tra i più diffusi della narrativa di genere. Se non fosse che proprio qui, nascosta tra le pieghe del più classico dei topoi, si annida la sfida che Stefano Cortese lancia ai lettori più sensibili. Diversamente da quella narrativa dell'orrore che fa i conti con la paura di un pericolo determinato e riconoscibile, l'angoscia presente in "Dark explorer" è priva di un oggetto specifico, in quanto riguarda la minaccia incombente di un elemento interno ma inconscio. Ecco, allora, che l'incubo peggiore non è la morte, che ancora tiene a distanza la cosa temuta proiettandola nel futuro, bensì il presagio di un vuoto eterno, più atroce e più terrificante in quanto presente adesso.