Francesco Orlando osservava che, a differenza di Charles Perrault, i Grimm non sorridono. Se si pensa che le loro sono favole destinate - almeno in apparenza - ai bambini, si può restare sorpresi per la serietà del tono e la crudezza di qualche dettaglio. Ma invece è proprio di questi dettagli che i bambini sono avidi, ritenendoli coerenti con la logica stessa della fiaba, con i contrappassi feroci che da sempre attendono il cattivo: è una giustizia semplice, quella favolosa, ma implacabile. E come tale erede della giustizia mitica, dove le Erinni potranno pure tardare ma prima o poi arrivano e impongono di pagare il conto.Cenerentola non fa eccezione. Anzi. I Grimm riscrivono un'antica fiaba crudele, proponendone una versione remotissima dalla sprezzatura elegante di Perrault. Il sangue vi gioca un ruolo decisivo ai fini dello scioglimento dell'intreccio. Ma il motore della fiaba è il desiderio. E un oggetto del desiderio - il piedino di Cenerentola - sarà il lascito precipuo e più duraturo di questa storia, edificante ma non troppo, meravigliosamente tradotta due volte: in forma di parole, da Ulderico Pomarici, di immagini fisiche, dalle chine di Isabella Staino. Prefazione di Gennaro Carillo. Età di lettura: da 6 anni.