Un medico si reca in Terra Santa. È un momento particolare della sua vita: 56 anni, crisi in famiglia (moglie e due figli), affermato in una professione di cui è però ormai difficile trovare il senso, rapporti sociali improntati a un sostanziale conformismo. L'incontro con Rut, guida ebrea, la conoscenza di altri partecipanti al viaggio, la capacità evocativa dei luoghi (dalla Galilea al deserto di Giuda) aiutano Giovanni Picapedra, il protagonista, a capire le ragioni delle sue difficoltà e le conseguenze per il futuro. Giunto a Gerusalemme, ultima tappa dell'itinerario, Giovanni gira per la città vecchia. Entra nella bottega di un antiquario arabo dove si imbatte in una sorpresa: un antico codice. È il manoscritto di due lettere di san Paolo: l'Epistula Beati Pauli Apostoli ad Romanos Secunda e l'Epistula ad Mediolanenses Prima. È incuriosito e turbato. Capisce che si tratta di opere sinora sconosciute. Non sa che fare, attratto e diffidente insieme. Prende tempo. Rivolge all'antiquario una vaga promessa di tornare il giorno successivo. È la via per liberarsi del venditore. La notte, invece, ha un lungo sogno-incubo, che lo lascia esterrefatto. Vede due protagonisti degli anni della sua formazione. Sono Paolo VI e Pier Paolo Pasolini che hanno un confronto-scontro sull'attualità di san Paolo. In nome di questi, il Papa sprona i cristiani «a fare di più», mentre l'artista contesta alla Chiesa l'incapacità di parlare al mondo contemporaneo, accusandola di non aver più «la furia paolina». Al risveglio cade ogni remora. Giovanni acquista il prezioso documento e in modo un po' misterioso riesce a portarlo fuori da Israele. I testi, tradotti, vengono riportati in appendice del libro. Sono «aprocrifi» finalmente ritrovati dopo una sofferta ricerca umana e spirituale. L'impresa del protagonista è, insomma, la metafora di un recupero dell'attualità di san Paolo oggi.