È il 1880 a Parigi e Pierre-Auguste Renoir, i pennelli nella mano destra e l'astuccio ereditato da Claude Monet nella sinistra, è appena giunto sulla terrazza della Maison Fournaise, una locanda amata dagli artisti. Alphonsine Fournaise, la figlia del padrone l'ha condotto fin lì per mostrargli un tratto della Senna dove le due rive offrono un paesaggio incomparabile allo sguardo di un pittore. Renoir si chiede in che modo potrebbe ritrarre quel magnifico luogo in cui la città incontra la campagna, dipingendo alla maniera degli impressionisti una scena da ballo su una delle rive, oppure una gita in barca con poche, veloci pennellate. Non darebbe, in questo modo, ragione a Émile Zola che accusa lui, Pissarro, Sisley, Caillebotte e gli altri impressionisti, di creare «bozzetti ancora freschi di pittura», opere incomplete e strampalate? Sulla terrazza della Maison Fournaise, Renoir cercherà di creare la grande opera che sogna da anni: un inno alla vie moderne, un quadro che rappresenti l'ebbrezza e l'allegria delle grandi metropoli europee, Parigi innanzi tutto... Susan Vreeland immagina, in queste pagine, la nascita di una delle opere fondamentali dell'impressionismo, Il pranzo dei canottieri, in cui Renoir si consacra come il pittore per eccellenza della joie de vivre.