La possibilità di far riemergere una vera memoria sugli eventi drammatici vissuti nel "secolo breve" non passa per la storiografia dei cosiddetti esperti, per l'abilità degli accademici e degli storici di professione a maneggiare scartoffie e documenti, ma piuttosto attraverso la trasmissione di atmosfere ed emozioni presenti nel vissuto delle persone, che consentono di toccare con mano i fatti storici. Proprio questo è quanto ha fatto Alvaro Recchioni, che pur mescolando fatti realmente vissuti e invenzioni (ma il tutto ci viene svelato con consumata astuzia soltanto alla fine, quasi si trattasse di un thriller) si è trasformato in una sorta di "macchina del tempo", azionata dalla parola, dall'ascolto, dalla memoria, dalla fatica del vivere e sicuramente anche dall'illusione e dalla passione e tutti motori formidabili che danno ali e anima al racconto.