Una lettera che salta, danza, scherza il proprio significato e si trasforma in un suono nuovo. Un gesto creativo leggero come un apostrofo è piccolo solo in apparenza, perché sa trascinare un discorso intero verso altre sfumature. Da lì, è una cascata di parole che mutano, sulle prime stranianti eppure cristalline. Lo smarrimento del paradosso dura infatti solo un istante, prima di lasciare rapidamente sempre più spazio a punti di vista imprevedibili su una realtà diversa. Realtà che è quella drammatica di un episodio della storia contemporanea a cui il tempo non ha potuto togliere nulla della sua originaria tragicità. Nella primavera del 1943 le colline del Casentino sono teatro di una delle più gravi stragi nazifasciste accadute in Italia nel corso della Seconda guerra mondiale. L'eccidio di Vallucciole, centonove civili uccisi dalla famigerata divisione tedesca Hermann Goering, è una memoria straziante che viene rivissuta in pagine vivide di presenza e di emozione. Emozione che si ricompone in parole di grande sincerità, che travolgono per la nitidezza con cui aderiscono al registro della testimonianza diretta. È la voce di un uomo qualunque, inerme di fronte alla Storia ma attaccato ferocemente alla vita, a farsi nuovo narratore dei fatti, attraverso una oralità popolare asciutta ma ribollente di dolore. La prosa prima, e a chiudere i versi di un cantico laico vibrante e denso di spirito umano, tornano a rendere viva una sciagura che non può essere dimenticata.