Nelle valigie di cartone soltanto ricordi destinati a diventare memoria di un rimpianto lontano. Fine del XIX secolo. Dodici anni; fin troppi per un bambino dell'epoca, pochi per un adulto di qualsiasi tempo. Attraverso i suoi occhi spalancati al mondo, l'epica di una generazione. Meraviglia, incredulità, paura, disperazione, speranza, curiosità, ogni genere di emozione scrolla la sua anima, specchio del medesimo turbamento che sconvolge le sorelle più piccole, il padre e la madre. Non ha nome il bambino che narra il concepimento di un abbandono, il viaggio attraverso l'ignoto e il terrore del rifiuto; è un giovane adulto in una folla di uomini e donne animati da desideri e disperazione, troppo piccolo per pretendere spiegazioni, troppo grande per non comprenderle. La speranza invece ha un nome preciso. La speranza si chiama America. La terra dove dimenticare la miseria, dove costruire un futuro, dove trovare un lavoro, dignità e magari ricchezza. Una terra madre e matrigna, benevola e inflessibile, accogliente e critica, amica e giudice. Una terra dove il nulla del presente può divenire incognita dell'avvenire. Una terra dove diventare straniero.