«I tempi stavano cambiando, si stava preparando una nuova società in cui il merito personale avrebbe prevalso sui privilegi di nascita, dove le persone come me avrebbero avuto il loro posto e avrebbero portato il loro contributo alla comunità». Il discorso del conte Paolo Giustiniani induce il fanciullo Antonio Romani, che ama la terra e il lavoro dei campi, a entrare in collegio per affrontare studi che lo porteranno a diventare medico e a impegnarsi per migliorare la società secondo principi di libertà e giustizia. Egli riflette sulle vicende dei suoi quarant'anni di vita mentre nelle carceri nuove a Venezia, in quella che sarà la sua ultima notte, attende di essere giustiziato per cospirazione. È il 12 maggio 1797: Antonio ignora che quella sarà anche l'ultima notte della Serenissima. Sfilano nel suo intenso ricordo gli anni della fanciullezza nella campagna trevigiana, quelli del collegio a Venezia, l'amore giovanile per Caterina, il dolore per il tradimento e poi l'impegno nella professione e nella politica. E un nuovo solido amore.