Secondo Yves Bonnefoy, l'austero, evanescente, inafferrabile Paul Valéry è "il vero poeta maledetto del nostro tempo... condannato alle idee, alle parole". Come si lega questa sconcertante definizione - poète maudit - al genio francese più rappresentativo del secolo, a dire di Charles de Gaulle, al raffinato professore di "Poetica" al Collège de France, all'elegante intellettuale che ha dato vita a un'opera d'acciaio, sotto il segno di Cartesio e Leonardo da Vinci, e che si premurava di dire, al cospetto dei suoi testi, che "non c'è un vero senso... e nemmeno un'autorità dell'autore"? La traduzione di due testi miliari di Valéry - Monsiuer Teste e Il cimitero marino, poemetto di olimpica e sigillata bellezza - permette a Franco Rella di sprofondare nel sacrario del poeta francese, rivelandone il sortilegio. Non si risorge indenni dopo aver letto Valéry; d'altronde, avverte Monsieur Teste, "bisogna entrare in se stessi armati fino ai denti". Nascondiamo nel nostro intimo mostri di cui non supponiamo l'esistenza.