Bertrand Russell scriveva nella sua Autobiografia che le opere di fantasia gli permettevano di "mettere in guardia da pericoli a cui si sarebbe potuto andare incontro in un prossimo futuro" ed esprimere "idee nelle quali credevo a metà, senza avere motivi solidi per crederci." Nei brevi racconti intitolati "Incubi", tutti giocati tra l'assurdo e il surreale, l'autore tocca un po' tutti i temi della sua vita: filosofia, matematica, psicanalisi, guerra e armi nucleari, politica, religione, ipocrisia e vanità della specie umana. Riproporli oggi, a molti decenni dalla prima edizione, quando la memoria di alcuni dei personaggi citati è ormai scomparsa (chi sa, oggi, chi era Dan Acheson?), può apparire futile, eppure il lettore che si avventurerà tra queste pagine incontrerà temi tornati tragicamente attuali ed altri semplicemente senza tempo. Gli incubi non sono finiti e dobbiamo, come ci invita Russell nella breve introduzione, imparare ad affrontarli.