Nelle "Storie del Buon Dio" (1900), opera decisamente singolare rispetto alla produzione di Rilke, sono raccolti tredici racconti, "narrati ai grandi perché li ripetano ai bambini" - come sottolineò lo stesso poeta - tutti incentrati su Dio, che viene continuamente cercato e, laddove nascosto, atteso con rinnovata speranza. Il Dio menzionato da Rilke non ha nulla a che fare con quello della religione cristiana, al contrario, si mostra tascabile quanto un ditale, al punto da suscitare l'impressione che "qualunque oggetto possa impersonarlo, basta soltanto dirglielo". Ed è un Dio distratto, che lascia le creature sfuggire al suo controllo e talvolta si arrabbia, mettendosi a discutere con un angelo; un Dio che crea, con poca razionalità e molta poesia e che si intenerisce al pianto di una bimba. Ma da questi racconti, intrisi di realismo e fantasia, non è solo Dio a emergere, bensì l'uomo, con i suoi valori e le sue pecche, le inquietudini e l'infinita creatività. Tredici storie parzialmente ispirate da racconti popolari russi: "Melodie - scrisse Rilke - che nessuno, né cosacco né contadino, ha potuto ascoltare senza piangere, eppure permeate da un fine umorismo".