Questo scrittore, che secondo i suoi migliori interpreti fu molto siciliano e molto europeo, ma per nulla italiano, anticipa i drammi del XX secolo usando una lingua e talvolta una grammatica narrativa d'impronta ancora in parte ottocentesca. È un figlio del positivismo (e del suo rovescio spiritualista) ritrovatosi di colpo all'avanguardia, un erede del verismo che tende fin da subito all'oratoria e al grottesco, alla geometria e a un "bello scrivere" da cui si sprigiona la falsa lucentezza dell'ottone che vuol sembrare oro. In questa identità bifronte sta il limite e la grandezza de Il fu Mattia Pascal: il suo tormento. Introduzione Matteo Marchesini.