"Il carcere" (il cui titolo originario era "Memorie di due stagioni") è il primo romanzo di Cesare Pavese, pubblicato nel 1948, a dieci anni dalla stesura, in dittico con "La casa in collina" nel volume "Prima che il gallo canti". Un romanzo che racconta, trasfigurata, l'esperienza autobiografica dell'autore confinato politico a Brancaleone, in Calabria, a metà degli anni Trenta. Un'esperienza e un luogo intrisi di grecità, da considerare fondativi per la poetica di Pavese sia per il disvelarglisi del "mito", sia per la svolta creativa nel passaggio dalla poesia alla prosa, sia per il palesarsi di certi temi che rimarranno centrali nell'opera letteraria successiva. È il momento, per lo scrittore, della piena maturazione intellettuale, dell'adultità, la stagione che va a coincidere con la perdita della giovinezza e che fa dire a Stefano, suo alter ego narrativo: «Ogni dolcezza, ogni contatto, ogni abbandono, andava serrato nel cuore come in un carcere e disciplinato come un vizio [...]. Più nulla doveva dipendere dall'esterno: né le cose né gli altri dovevano potere più nulla». Un romanzo esistenziale dunque, dove il protagonista si scopre prigioniero della propria solitudine. Un'opera da leggere, o da rileggere, in una nuova luce, grazie all'acuta introduzione di Monica Lanzillotta con inedite e originali chiavi d'accesso. Introduzione di Monica Lanzillotta.