La storia - romanzata ma non troppo - del "fantasma della Vicaria", al secolo Giuditta Guastamacchia, la cui testa fu esposta per decenni in una gabbia attaccata a un muro di Castel Capuano, a fianco in un'altra "capa della Vicaria", quella della madre figlicida Coletta Esposito, immortalata da Mastriani come la "Medea di Porta Medina". Una sorte - l'esposizione della testa dopo l'impiccagione - che subirono anche coloro che Giuditta aveva coinvolto come complici nell'efferato omicidio del marito, un delitto che per l'astuta concertazione, il numero di complici, le circostanze dell'esecuzione ed il tentativo di liberarsi del cadavere fece particolare scalpore e per questo portò all'esemplare sentenza. Giacomo Marulli ricostruisce con obbiettività, ma in maniera coinvolgente, la vicenda di quella che può essere a giusto titolo considerata la "Lady Macbeth di Porta Medina".