Alla metà del Settecento, Christian Fürchtegott Gellert (1715-1769) è l'autore più popolare della letteratura di lingua tedesca. Le sue Favole (1746-1748) costituiscono una lettura obbligata nella Germania dell'epoca, mentre la Vita della contessa svedese von G** (1747-1748) marca l'avvio della forma-romanzo quasi tre decenni prima del successo del Werther. Con le commedie qui presentate, che appaiono tra il 1745 e il 1747, Gellert trasferisce sul piano finzionale la concezione antropologica e il disegno di morale che andava parallelamente sviluppando nei suoi lavori filosofici, e che avrebbero trovato una trattazione organica nelle Lezioni morali tenute all'Università di Lipsia. Superando l'idea che il comico dovesse basarsi sulla pura e semplice ridicolizzazione del vizio, il teatro di Gellert accoglie tipologie di individui virtuosi destinati a suscitare la commozione dello spettatore e a indicargli modelli di condotta positiva. L'azione drammatica si fonda sulla capacità dei personaggi di moderare l'energia degli affetti, riducendo al controllo della ragione la violenza dei desideri di possesso che si impongono alla loro immaginazione. Il perseguimento della felicità personale non deve entrare in conflitto con la coesione e il buon funzionamento della comunità. Con Gellert, la cultura del XVIII secolo intraprende quella riflessione critica sulle contraddizioni e le ambivalenze impresse nelle strutture profonde della modernità che metterà capo agli esiti più maturi dell'illuminismo.