L'agrimensore K. contempla il simbolo del potere. Ogni sua azione e ogni suo pensiero sono rivolti a quell'incombente castello: la sua unica aspirazione è mettersi al servizio del Conte che vi dimora. Ma le difficoltà sono insormontabili. Quando tutti gli sforzi di K. si saranno rivelati vani, il caso gli offrirà l'occasione, tuttavia egli sarà troppo stanco per continuare la sua lotta. La solitudine, l'incapacità di trovare nella trama dei gesti quotidiani un senso plausibile, la consapevolezza che a dominare è una finalità insensata perché senza un fine: "Il castello" - uguale e contrario del "Processo" - denuda i punti cardine del pensiero di Kafka, incastonandoli in una tensione narrativa che ci costringe a riflettere sul senso del nostro esistere.