Grazia Deledda collabora fin da subito con alcune riviste sarde e romane, che danno spazio ai suoi racconti e ad alcuni saggi sulle tradizioni popolari sarde. Nel 1900 si trasferisce a Roma. Le sue opere esplorano in modo rude e realistico la vita rurale e le tradizioni della Sardegna, e i suoi personaggi, molto spesso intrappolati tra il destino e il desiderio di libertà, in una società patriarcale che per motivi geografici ma anche culturali era scollegata dalla nazione, affrontano sfide morali e sociali. Spesso soggetta a critiche per questo, nonostante sia classificata come un'esponente del verismo e a tratti del decadentismo, la sua scrittura è anche molto moderna: le sue opere infatti si sono prestate facilmente all'adattamento cinematografico. Nel 1927 le viene conferito il Premio Nobel per la letteratura del 1926, prima e unica donna italiana a ricevere una simile onorificenza in questa disciplina.