Con la protervia della bellezza giovane, Chéri, ragazzo "coi capelli dai riflessi blu come le penne dei merli", irrompe nella vita di Léa, donna leggera e sapiente - ma nel triangolo amoroso apparirà il rivale più temibile: il Tempo, corruttore di corpi. L'autunnale opulenza di lei e l'acerbo smalto di lui vengono spiati, attimo dopo attimo, da un occhio a cui nulla sfugge, talché la vicenda, scandita dalle scene di una magistrale commedia demi-mondaine, diventa la cronaca della catastrofe di Léa, dove il sentimento è delicatamente avvolto nella fisiologia e brama di sprofondare "in quell'abisso da cui l'amore risale pallido, taciturno e pieno del rimpianto della morte". Quanto a Chéri, giunto all'acme della sua esistenza di 'bello' dinanzi a cui le donne si inchinano, percepisce una vaga inquietudine: "Non distingueva i punti precisi in cui il tempo, con tocchi impercettibili, segna su un bel viso l'ora della perfezione e poi quella di una bellezza più evidente, che annuncia già la maestà di un declino". E quel declino maestoso vivremo nella "Fine di Chéri", dove la punta avvelenata della storia del giovane emerge con fredda chiarezza dalla prosa avvolgente, atmosferica, precisa di Colette.