Raccontava di essere riuscito a mantenere la famiglia durante la Grande Depressione scrivendo storie. Impresa non da poco, anche per un talento come il suo. Morley Caìlaghan, l'uomo che mandò Ernest Hemingway al tappeto in un match di boxe arbitrato da F.S. Fitzgerald, e che ebbe l'onore di essere il primo narratore ospitato dal "New Yorker', è una vera star della letteratura mondiale, ma quasi sconosciuto in Italia. I suoi racconti, raffinate scatole cinesi che nascondono un cuore di sconcerto, sono stati paragonati a quelli di Anton Cechov e Raymond Carver. Sono abitati da un'umanità disorientata, gente comune alle prese con inopportune e abbaglianti schegge di verità: amanti sbigottiti dalla potenza del sentimento, madri di famiglia che scoprono in sé improvvise scintille di curiosità, mogli e mariti chiusi in un malinteso senso dell'orgoglio. Queste pagine offrono ai lettori italiani alcune delle più belle storie di Callaghan, tra cui il delicato "Un'avventura" che nel 1928 fu la prima short story pubblicata dal "New Yorker". Postfazione di Antonio PAscale.