Filippo Rubè non fa che passare da una crisi all'altra: arrivato a Roma per diventare avvocato e intraprendere la carriera politica, viene travolto e stravolto dalle vicende della Storia, privata e collettiva, vede nella guerra un'espansione di sé, resta bloccato in un matrimonio senza amore, e in un mondo lavorativo borghese che non accetta. Attorno a lui, intanto, soffiano i venti turbolenti d'inizio secolo: l'interventismo e la Grande Guerra, i tormentati anni post bellici, la nascita del fascismo, e poi gli echi della rivoluzione bolscevica. Rubè è un uomo mancato, invischiato nel mondo, affetto da "inettitudine alla felicità", ritratto di una nazione allo sbando. Più apprezzato all'estero che in patria per la lucidità con cui seppe ritrarre il profilo culturale - oltre che politico - dell'Italia del suo tempo, Borgese coglie appieno l'impreparazione del Paese a confrontarsi con una vita in balia delle contraddizioni come quella di Filippo Rubè. Un personaggio che ancora oggi, a cent'anni dalla sua nascita, sa parlarci e raccontarci con il respiro della contemporaneità, senza smettere di vestire i panni di antieroe del Novecento. Prefazione di Elvira Seminara.