"A me diverte scrivere musica, voglia di scrivere parole non ce l'ho mai", confessa Paolo Conte. Eppure arriva un momento, quando la musica è finita, in cui le parole diventano l'ultimo strumento necessario, la voce che manca per completare il disegno sonoro, "parole scritte dalla stessa mano" - come dice l'artista astigiano - una mano paziente e maestra, disposta a consumarsi nella fatica di "tagliare, cancellare, ricominciare senza posa", finché ogni sillaba trovi l'incastro giusto con la sua nota. La scrittura di Paolo Conte è un'alchimia di linguaggi, segni, simboli e sonorità che s'allacciano, nutrendosi e interpretandosi a vicenda, per sostenere l'architettura di un'unica, vasta metafora.