Dicembre 1974. La casa discografica Numero Uno pubblica il nuovo album di Lucio Battisti. È un disco molto atteso. L'anno precedente Battisti aveva piazzato contemporaneamente al primo e secondo posto delle hit parade ben due 33 giri, un evento raro e difficilmente ripetibile da qualsiasi altro artista. Uno era il mio canto libero, uscito nel novembre del 1972, l'altro il nostro caro angelo, pubblicato appena nove mesi dopo, nel settembre del 1973. Con quegli album Battisti aveva consolidato la sua fama di autore di brani capaci di arrivare al grande pubblico, senza concessioni e cadute di gusto. Il 1973 fu l'anno delle hit a 45 giri "Il mio canto libero" e "La collina dei ciliegi"; dal nuovo disco in uscita tutti si aspettavano altre grandi canzoni. Ma Battisti spiazzò tutti, anche lo stesso Mogol. Realizzò un concept album all'altezza del progressive internazionale più all'avanguardia, non ebbe esitazioni a buttare giù la sua statua, nascondendo la voce e i testi criptici e magnifici di Mogol fra strumenti dal suono bucolico e musica elettronica, sospesi fra le campagne di Poggio Bustone e la frenesia metropolitana di Londra. "Anima Latina. Anatomia di un capolavoro" racconta, con le testimonianze di chi ha contribuito a realizzarlo, la genesi e la storia di quel disco, una delle vette espressive più alte mai raggiunte dal binomio Battisti-Mogol, un album visionario e inquieto che ancora oggi, a distanza di 50 anni, profuma di futuro.