Nel profondo dell'arte di Claude Debussy si annida un'antinomia: l'attrazione simbolista verso un declino negli abissi dell'inesistenza svapora in nostalgia di luce, di spazio e lontananza. Simultaneamente oscillante tra le nuance impressionistiche e un'esattezza puntinistica del dettaglio, fra la tragica frammentazione degli istanti sonori e una continuità di fondo della durata, tra il movimento e una generale assenza di sviluppo e successione, l'animo di Debussy è segnato dalla contraddizione come la natura del Reale: psyché non è che un modo della physis, l'uomo si fonde estaticamente nell'inumano, il tempo vissuto tradisce un tempo ontologico. Il ritorno alle cose stesse, all'immediata flagranza dell'immanenza rende l'universo debussiano un mondo del mistero quotidiano e dell'istante folgorante, un mondo di barlumi fugaci e di apparizioni evanescenti illuminate e spente, lampeggianti nella notte.