Distante dai contemporanei successi del rock e del pop ma profondamente radicato nella cultura occidentale, il lounge ha rappresentato il sottofondo sonoro della seconda metà del XX secolo. Dalle ritmiche "jungle" di Duke Ellington alla frenesia sonora dell'exotica di Les Baxter, dall'easy listening di Burt Bacharach alle colonne sonore di Henry Mancini, John Barry e Lalo Schifrin, la lounge music è il manifesto di uno stile di vita. La cocktail music nasce negli anni Cinquanta e Sessanta, insieme ai primi film di James Bond e allo stile impeccabile di Frank Sinatra e Dean Martin. Un genere apparentemente semplice e spensierato, capace, con le sue melodie fìschiettabili, di trasportare l'ascoltatore in luoghi immaginari dove tutto è possibile, all'insegna degli ideali di lusso, prosperità e confort del dopoguerra. Un genere, tuttavia, non privo di complicatezze sonore e capace di suscitare forti emozioni. Nell'ipotetica sala d'attesa (lounge, appunto) dell'attuale revival del fenomeno easy listening c'è posto per tutti: non solo cantanti soul, playboy da aeroporto con giacche leopardate (lounge lizard), guru del sound esotico, grandi star del kitsch, ma soprattutto chi oggi ama remixare queste reliquie del passato con passione e sensibilità.