All'anagrafe Alessandro Pizzamiglio, sul palco Alessandro Bono. Classe '64, il cantautore milanese scomparve nella sua città nel maggio del 1994, neppure trentenne, a causa dell'Aids, in un periodo in cui quella malattia incuteva paura e alimentava il pregiudizio. Una promessa del nuovo rock d'autore, così era considerato Alessandro all'inizio dell'ultimo decennio del secolo passato. Un artista che sapeva mescolare la poetica della coppia Mogol-Battisti all'estro creativo di Vasco. Parole e suggestioni, un po' come il suo mito Bob Dylan, con il quale collaborò aprendo quattro suoi concerti italiani. Nei testi, Bono era abile sia a fotografare la sua epoca, oggi più che mai lontana, sia a immaginare un futuro simile a quello che oggi conosciamo. Scriveva del sociale, d'amore, di politica e di tutto ciò che attirava la sua spiccata e sensibile attenzione. Questa è la storia di un uomo che ha pagato a caro prezzo per le sue fragilità. Un uomo che, dopo avere vinto la sua battaglia contro l'eroina, ha ricevuto dal destino il conto più alto. Più che un disordine morale fine a se stesso, però, in questa storia troverete tutta l'umanità di un ragazzo che ha senz'altro sbagliato, di un uomo al quale non è stata concessa una seconda possibilità e che ha pagato per errori che aveva saputo riconoscere, curare e superare. "Per non morire canto" vuole essere un omaggio alla sua memoria, ma anche una fonte di ispirazione per coloro i quali si ritrovano ancora oggi a combattere, in silenzio, contro il mostro di una qualsivoglia dipendenza.