La scoperta dell'inconscio ci rivela a noi stessi come portatori di una trama di cui non siamo consapevoli, che però orienta e decide delle nostre vite. Lo strumento psichico non è affatto facile da suonare, ci avvertiva Freud nel 1905. È una scrittura tra le pieghe del corpo parlante che evoca continuamente lo scarto di una nota impossibile eppure capace, proprio per questo, di risuonare in tutte le altre. Ma come si scrive l'indicibile? Come si traccia l'impensato? Con quale battito, con quale pulsazione si fa sentire l'inconscio? Sul solco di questa metafora musicale, il primo numero dei «Quaderni di Skia» si interroga su una sorta di estetica dell'inconscio, cercando di sondare la materia sensibile, i tracciati, le figure e la metrica che lo articolano. Siamo alla ricerca di una partitura che, mentre distribuisce le parti, ne conservi il colpo d'occhio simultaneo e che, unica fra tutte, dia sonorità a ciò che resta sottotraccia.