«L'idea che presiede alla nascita della presente silloge di saggi è quella di dipanare la matassa del fenomeno "Karajan" a partire proprio dalla sua arte interpretativa, ricostruita sulla scorta delle innumerevoli registrazioni in studio (audio e video) lasciateci dal direttore (più di 1500); l'ausilio offerto per l'analisi empirica da mezzi tecnologici modernissimi come il Sonic Visualizer offre agli studiosi la possibilità di basare la loro interpretazione e valutazione estetica su un fondamento oggettivo [...]. L'assenza o perlomeno la marginalizzazione [...] della dimensione estetica, vale a dire della valutazione artistica del lascito di Karajan, è un fenomeno su cui occorre interrogarsi seriamente. Il connubio di arte e tecnologia, di musica e mercato, la costruzione di un'immagine autocratica non necessariamente simpatica da parte di un artista il cui potere, a partire dagli anni Sessanta, fu tale da guadagnargli l'epiteto di "Generalmusikdirektor d'Europa", spiegano come proprio il punto di partenza di Karajan, la musica e la sua interpretazione e diffusione tramite il disco, abbia finito negli anni Settanta e Ottanta per essere travolto dal fenomeno "Karajan" nel suo complesso. Essendo Karajan stesso l'origine di questa solo apparente scorporazione, va detto con chiarezza che si annida qui un pericolo assai grave, fomite di fraintendimenti e distorsioni a livello di storia della ricezione. Sarebbe infatti del tutto errato e fuorviante opporre, nella considerazione della complessa personalità artistica di Karajan, la dimensione tecnologica a quella artistica, proprio perché, nella visione del direttore austriaco, questa diade è in realtà un'unità inscindibile. [...]»