Gabriele D'Annunzio, Eleonora Duse, Igor Stravinskij, Luigi Nono, Andrea Zanzotto, Luigi Dallapiccola, sono solo alcuni dei protagonisti di queste testimonianze, distribuite lungo quasi l'intero arco del Novecento. Al centro dei loro ricordi o dei loro incontri Gian Francesco Malipiero, il compositore veneziano che si spense a Treviso il 1 agosto di cinquant'anni fa. Musicista prolifico, cultore dell'antico e autore dall'inesausta capacità di rinnovamento, didatta appassionato, prosatore ironico e nostalgico, uomo di lettere e profetico difensore del paesaggio contro la rovina della modernità, Malipiero fu una delle personalità musicali centrali del Novecento europeo, "la più importante personalità che l'Italia abbia avuto dopo la morte di Verdi", come affermava Dallapiccola. Isolato nel suo eremo del silenzio sulle colline di Asolo, accoglieva frequentemente musicisti, letterati, critici, giornalisti, attratti dalla sua arte musicale, ma anche dall'estrosità della sua conversazione e dalla vastità della sua erudizione.