Nella lingua Zulu, «uno» significa «stato di solitudine». Lo «zero» ha dovuto viaggiare mille anni prima di venire preso in considerazione dagli europei. Ma poi ha ottenuto la sua rivincita, diventando oggi la cifra di gran lunga più utilizzata al mondo. Meno fortuna hanno avuto, per lungo tempo, i numeri negativi: fittizi per Cartesio, inaccettabili per Pascal. Sono perfidi, i numeri. Si presentano inizialmente con grande semplicità: 1, 2, 3 e così via. Ma con altrettanta semplicità diventano irrazionali e poi addirittura complessi, persino immaginari. Non sono solo cifre, hanno una storia e un volto umano, soprattutto se si prova a guardarli di traverso, di sbieco. Nel tempo hanno acquisito, per le ragioni più varie, valori e significati: la «fortuna» del 13 comincia ad esempio in Mesopotamia, la «iattura» del 17 risalirebbe invece ai primi cristiani. Con un approccio antropologico, gli autori di questo volume saltellano da -1 a infinito per arrivare fino a quel «numero magico di cui l'uomo non trova comprensione», in un libro lieve pieno di curiosità - un divertissement - antidoto alla noia e stimolo per la mente.