Il saggio ripercorre la storia della scrittura, che ha mutato il destino dell'uomo, e ne esamina aspetti spesso ignorati. La tecnologia della parola consente di comunicare, di archiviare e di elaborare il sapere, ma ancor più rilevante è che ha messo profonde radici nella mente dell'essere umano: attiva i processi mentali della lettura e consente percorsi di pensiero altrimenti impossibili. La scrittura è tecnologia del potere, dove la parola potere può essere sostantivo, nell'accezione di autorità di governo, o verbo, nel senso di avere la capacità e l'attitudine a rendere oggettivamente possibile. La scrittura è poter pensare e poter fare, è funzionale all'agire, al progettare e al realizzare. Il viaggio che l'autore propone inizia con gli scribi egizi e sumeri, cinquemila anni fa. Essi avviarono la prima vera rivoluzione che ha prodotto straordinari cambiamenti nelle forme di pensiero. Solo negli ultimi secoli, però, la scrittura è divenuta patrimonio collettivo e negli ultimi decenni le tecnologie informatiche la utilizzano per far funzionare le macchine. Nel suo più recente stadio evolutivo la scrittura è divenuta invisibile: invisibili sono i codici scritti nei linguaggi formalizzati che consentono di dialogare con le macchine. E gli scribi dell'attuale seconda rivoluzione - esperti nelle scritture invisibili - stanno realizzando tecnologie capaci di produrre mutamenti inimmaginabili. Conseguenza di tali innovazioni è che la collettività non può più accedere a ciò che è scritto in applicazione di un sapere riservato e non ha più possibilità di controllo di codici proprietari. Se l'accesso alle scritture per secoli è stato esclusivo, i documenti prodotti erano comunque accessibili, oggi ha assunto particolare rilevanza, in ambito scientifico e tecnologico, una forma di scrittura che non è più patrimonio collettivo.