Grazie all'audacia di navigatori come Vasco da Gama (1469-1524) e Pedro Álvares Cabral (1467-1520), e alle straordinarie competenze di cartografi come Fernão Vaz Dourado, autore di un Atlas Universal (1571) di ineguagliabile bellezza, il regno di Portogallo riuscì, nel giro di pochi secoli, ad acquisire un vastissimo dominio coloniale, da Capo Verde all'Angola, dal Mozambico a Macao, da Timor a Nagasaki, sino agli ampi territori del Brasile, che resta il più grande paese di lingua romanza del mondo. Se negli immensi spazi della lusofonia il Portogallo sia riuscito a costruire una cultura globale è domanda di difficile, forse impossibile, risposta. Quella che è indiscutibile è la vitalità di una lingua parlata da quasi 250 milioni di persone e di una cultura che - insieme a quella spagnola, sorella ma spesso rivale -, per la prima volta nella storia del pianeta, ha sperimentato i temi ardui del meticciato, dello scontro e dell'incontro delle civiltà, tra la "leggenda nera" di un Portogallo dominatore spietato che prende dalle colonie molto più di quanto restituisce in termini di "civilizzazione" e le elaborazioni controverse e conflittuali del luso-africanismo e del luso-tropicalismo.