Di certo non siamo i soli oggi a ritenere che la salvezza del mondo passi anche per un ritrovato rispetto di quello che è lo strumento primo della nostra umanizzazione e per una presa di responsabilità linguistica capace di fare opposizione all'utilizzo sempre più scriteriato della parola. Una parola umiliata e declassata, sacrificata alle esigenze del consumo e alla ricerca del consenso. Una parola ridotta, come in tanti talk shaw, a sproloquio, turpiloquio, esibizione muscolare del proprio io.